Il cristallino è una lente presente nell’occhio, con una struttura assolutamente peculiare, in quanto avascolare e costituita da un solo tipo di cellule presenti in diversi stadi di maturazione; in esso distinguiamo un nucleo centrale, uno strato corticale ed una capsula che riveste il tutto.

Con il termine cataratta si intende qualsiasi opacità del cristallino significante dal punto di vista clinico, con conseguente riduzione del visus; essa costituisce la più comune affezione che colpisce il cristallino.

Tali opacità possono interessare una parte del cristallino, come nelle forme nucleari (Fig.1), corticali o sottocapsulari, o coesistere in forme miste.

La cataratta senile, legata cioè all’età, costituisce la maggior parte delle cataratte esistenti. Essa rappresenta una malattia dovuta probabilmente ad una serie di insulti subliminali, di tipo ambientale, nutrizionale, etc., che agiscono nella durata dell’arco della vita ed anche se una gran varietà di fattori sembra implicata (radiazioni nell’ultravioletto, fumo, assunzione di certi farmaci, etc.), per la maggior parte dei casi non sono stati individuati a tutt’oggi fattori di rischio certi.

Esistono poi forme di opacità del cristallino più rare come le cataratte congenite (presenti cioè alla nascita o subito dopo), le cataratte traumatiche, cataratte tossiche, forme secondarie a flogosi intraoculari (uveiti, retiniti, etc,) e forme dismetaboliche.

L’oculista, con una semplice e rapida osservazione dell’occhio con un esame microscopico (biomicroscopia oculare con lampada a fessura), individuando l’intensità e la posizione di tali opacità del cristallino, effettua una valutazione dello stato di avanzamento delle stesse e le classifica appunto sia in base all’aspetto morfologico che all’estensione e l’intensità dell’opalescenza.

Allo stato attuale l’intervento di cataratta (rimozione del cristallino catarattoso ed inserimento di un cristallino artificiale) viene effettuato in una fase sempre più precoce per la rivoluzione della tecnologia applicata a tale chirurgia. Il grande miglioramento delle tecniche chirurgiche (facoemulsificazione, uso di sostanze viscoelastiche, lenti intraoculari, etc.), di cui si parlerà in seguito, ha reso l’intervento meno traumatico riducendo i tempi chirurgici, consentendo inoltre l’applicazione di forme di anestesia locale che consentono una rapida riabilitazione nonché dimissione dall’ambiente chirurgico.

In effetti fino a qualche anno fa l’intervento veniva eseguito spesso in anestesia generale e quando si ricorreva ad una forma di anestesia locale essa prevedeva una o più punture intraorbitarie, il blocco del VII nervo cranico per abolire la motilità del muscolo orbicolare.

Attualmente si fa sempre più ricorso all’anestesia topica, cioè ad una anestesia di superficie effettuata mediante colliri anestetici.

Prima dell’intervento viene effettuata una biometria. Essa rappresenta una metodica di misurazione del potere del cristallino artificiale multifocale da inserire nell’occhio che consenta dopo l’intervento di essere il più vicini possibile all’emmetropia (cioè vedere senza occhiali da lontano e da vicino); il paziente cioè non porterà occhiali per lontano ma solamente lenti per lettura, essendo il cristallino artificiale privo di potere accomodativo.

L’intervento di cataratta, come poc’anzi detto, viene effettuato mediante la più recente tecnica della facoemulsificazione, tranne quei rari casi di cataratte ipermature (Fig.1) o sublussate per le quali è preferibile ricorrere all’estrazione extracapsulare del cristallino (tecnica più vecchia che prevedeva l’estrazione in blocco del cristallino catarattoso e successiva apposizione di vari punti di sutura sclero-corneale).

Femtocataratta

Fig. 1

La facoemulsificazione è una recente tecnica chirurgica che prende spunto dall’applicazione degli ultrasuoni per la frammentazione del nucleo del cristallino ideata per la prima volta da Kelman negli anni 60. Essa prevede, dopo l’esecuzione dell’anestesia locale, l’apertura della capsula anteriore del cristallino (capsuloressi), la frammentazione e l’aspirazione del cristallino catarattoso mediante un manipolo che emette appunto ultrasuoni ed aspira le masse frantumate attraverso un’apertura sclero-corneale che negli anni è divenuta via via più piccola; attualmente viene praticato con bisturi precalibrati un taglio di circa 2 mm. ed attraverso lo stesso viene poi inserito il cristallino artificiale; ciò è permesso dal fatto che i cristallini attualmente in commercio sono pieghevoli ed il loro diametro, che varia dai 5 ai 7 mm., viene così ridotto a circa la metà permettendo loro di passare attraverso tale piccola apertura .

L’intervento si svolge quindi nella sua interezza a bulbo praticamente chiuso, cioè attraverso un taglio così piccolo che, realizzato in maniera particolare su più piani (tunnel), permette nella maggior parte dei casi di non apporre punti di sutura a fine intervento; tutto ciò si concretizza in una più rapida e confortevole riabilitazione funzionale, ovvero il paziente viene dimesso subito dopo l’intervento con un’occlusione dell’occhio operato ridotta a poche ore ed un rapido ripristino del visus. E’ inoltre da sottolineare che con questa nuova tecnica operatoria si ha una minor incidenza di infezioni (la congiuntiva non viene toccata e l’apertura è più piccola) e di infiammazioni post-operatorie rispetto alle precedenti tecniche operatorie, nonchè una minore incidenza di astigmatismo corneale indotto.

La facoemulsificazione ad ultrasuoni ha quindi rivoluzionato l’evoluzione della chirurgia della cataratta che appare oggi sempre più proiettata verso tecniche ancora più innovative come l’utilizzo del laser come energia alternativa agli ultrasuoni, con la volontà di produrre sistemi sempre più sicuri ed efficaci in tale chirurgia.